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Jet lag da Seoul, sveglia alle 5 del mattino e… biscotti! ☕️

Quando il fuso orario ti regala ore extra nel cuore della notte, tanto vale trasformarle in profumo di caffè e zucchero.

Sono nati così questi biscotti morbidissimi al caffè d’orzo e al caffè; semplici, profumati e perfetti da personalizzare con quello che si ama di più! 

Dalle nocciole tritate all’amarena sciroppata in pezzi; alla scorza d’arancia candita alle noci o mandorle … Sicuramente un’esperienza da assaporare!

Ingredienti (per circa 12 biscotti):

  • 70 g farina di riso
  • 80 g farina tipo 0
  • 6–8 g caffè d’orzo solubile
  • 5 g cremor tartaro
  • 2 g bicarbonato
  • 15 g fecola di patate
  • 30 ml olio di semi
  • 15 ml caffè ristretto
  • 40 ml acqua
  • 40 g zucchero
  • Zucchero a velo

Procedimento:

Setaccia tutte le polveri in una ciotola. Aggiungi olio, acqua e caffè, poi mescola fino a ottenere un impasto compatto che si stacca dalle pareti. Forma delle palline e disponile su carta forno. Cuoci in forno statico a 180°C per 13–15 minuti. Spolvera con zucchero a velo e… goditi la colazione più profumata della giornata.

Dietro ogni scaglia di Parmigiano Reggiano c’è una storia antica, fatta di gesti
sapienti, di territorio e di passione. Una storia che il Consorzio del Parmigiano
Reggiano
, fondato nel 1934, custodisce e promuove da oltre 90 anni, tutelando un
prodotto che ancora oggi si realizza con soli tre ingredienti: latte crudo, ricco di
fermenti lattici presenti naturalmente, sale e caglio.

Un formaggio naturale, quindi, senza additivi né conservanti, e frutto di una lavorazione artigianale che si tramanda da quasi un millennio.

Per raccontare da vicino questo straordinario patrimonio gastronomico, il
Consorzio promuove ogni anno “Caseifici Aperti”, un’iniziativa nata nel 2013,
che consente al pubblico di “entrare” e “curiosare” nei luoghi in cui nasce il
Parmigiano Reggiano, con l’obiettivo di far conoscere la produzione, ma anche per
valorizzare il territorio e la filiera che ruota attorno al Parmigiano Reggiano.

L’edizione 2025 si terrà il 4 e 5 ottobre, coinvolgendo numerosi caseifici nelle
cinque province della zona d’origine DOP: Parma, Reggio Emilia, Modena,
Bologna (a sinistra del Reno) e Mantova (a destra del Po).

Il “percorso di conoscenza” inizia già nelle prime ore del mattino, quando il latte
appena munto viene lavorato nelle caldaie in rame. Qui, il casaro – figura centrale
della tradizione casearia – trasforma il latte crudo in formaggio, seguendo una
tecnica affinata nei secoli ma rimasta sostanzialmente invariata. La cottura, la
rottura della cagliata, l’estrazione a mano delle forme, la salatura in salamoia e,
infine, la stagionatura: ogni fase è scandita da gesti precisi, spesso tramandati di
generazione in generazione. Ogni forma è tracciata attraverso una marcatura con
puntini e una placca di caseina.



Il percorso prosegue poi nelle sale di stagionatura, dove centinaia di forme
maturano lentamente su scaffalature in legno, in un silenzio interrotto solo dal
suono del martelletto con cui gli esperti (i c.d. battitori), eseguono i controlli di
qualità necessari per valutare e certificare le forme.


Dopo almeno 12 mesi, solo le forme idonee ottengono il prestigioso marchio a
fuoco del Consorzio. Quelle c.d. “non idonee” vengono sì scartate, ma in realtà
riutilizzate per realizzare creme al formaggio, formaggi misti grattugiati, …

A completare l’esperienza, una degustazione guidata, che permette di comprendere l’evoluzione organolettica del Parmigiano Reggiano attraverso le stagionature. A condurre i visitatori in questo percorso sensoriale, spesso sono i Maestri Assaggiatori del Consorzio.

Simone Ficarelli, responsabile dell’Accademia del Parmigiano Reggiano e
Maestro Assaggiatore del Consorzio
, ci spiega quali sono le caratteristiche di un
Parmigiano Reggiano giovane, intorno ai 12 mesi.
“Nel formaggio giovane, intorno ai 12 mesi, si percepiscono note fresche e
lattiche, quasi vegetali. È un formaggio che richiama il latte e la dolcezza, ha una
consistenza più umida e una pasta ancora elastica: riuscire a schiacciarlo con le
mani, è un chiaro segno della sua giovinezza. Perfetto come inizio pasto, si
abbina bene a spumanti e bollicine secche, grazie alla sua delicatezza.”


Come cambia, invece, il profilo aromatico dopo 24 o 36 mesi di stagionatura?


“A 24 mesi” – continua Ficarelli “il gusto diventa più sapido, ma resta
equilibrato. Emergono note di nocciola, una leggera frutta secca e una sfumatura
umami che ricorda il brodo di carne: è il glutammato presente naturalmente nel
formaggio a conferirgli questa profondità. Dai 36 mesi in poi, il Parmigiano
Reggiano raggiunge la massima espressione della sua complessità aromatica. I
cristalli di tirosina diventano più grandi e percepibili sotto i denti, regalando
anche una lieve nota amara. Al naso e al palato compaiono sentori di pepe, noce
moscata, e una lunga persistenza che lo rende ideale per piatti tipici emiliani
come le paste ripiene. In abbinamento, anche un cocktail come il Negroni o un
vino dolce lo valorizzano al meglio. Per un tocco goloso, consiglio l’accostamento
con miele d’acacia, che esalta l’intensità e l’eleganza delle stagionature più
mature.”

Qualche numero …

I numeri della filiera del Consorzio del Parmigiano Reggiano, aggiornati al 2024
confermano la solidità del Parmigiano Reggiano anche sul piano economico. Sono
291 i caseifici attivi, con oltre 4 milioni di forme prodotte e 2,04 milioni di
tonnellate di latte trasformato. In crescita il valore al consumo, che ha raggiunto i
3,2 miliardi di euro, così come le esportazioni, salite a 72.440 tonnellate (+8.670
rispetto al 2023). La quota export ha sfiorato il 49%, a testimonianza di un
apprezzamento sempre più marcato anche fuori dai confini nazionali.
Il confronto con il 2023 evidenzia una crescita costante, sebbene si osservi una
leggera flessione nel numero di allevatori e bovine attive. Un dato che sottolinea
l’importanza delle politiche di tutela e di valorizzazione della filiera, a cui il
Consorzio del Parmigiano Reggiano continua a lavorare con impegno.

Visitare un caseificio significa immergersi in una filiera fatta di artigianalità,
rigore e sostenibilità. Un’occasione per capire da vicino cosa rende il Parmigiano
Reggiano un prodotto unico al mondo: il legame inscindibile con il suo territorio,
l’assenza di additivi, la qualità del latte e l’esperienza umana che trasforma ogni
giorno ingredienti semplici in un’eccellenza riconosciuta a livello globale.

Un valore che si esprime in modo ancora più evidente nelle zone di montagna,
dove il Parmigiano Reggiano non è solo un’eccellenza gastronomica, ma anche un
motore di sviluppo e presidio sociale.

“Il Parmigiano Reggiano contribuisce a fortificare l’economia e a preservare
l’unicità dell’Appennino emiliano”,
ha detto Nicola Bertinelli, Presidente del
Consorzio.
“È il più importante prodotto Dop ottenuto in montagna, con oltre il
21,7 % della produzione totale concentrata in caseifici di montagna. In queste
aree svantaggiate, il Parmigiano Reggiano permette il mantenimento
dell’agricoltura, sostiene le comunità locali, protegge il paesaggio e rappresenta
un pilastro economico e sociale non solo per chi ci vive ma per tutti”.

Voglio spoilerarvi una cosa …

“Organizzare una cena tra donne (A Casa di Carla) è sempre un’occasione speciale per condividere momenti di leggerezza e di allegria e per staccare un attimo dalla routine quotidiana. 

Oggi voglio darvi un’anteprima … la mia prossima cena (tra qualche giorno) sarà sempre un evento a tema, con un menu studiato nei minimi dettagli, una tavola apparecchiata con cura e un dress code che aggiungerà un tocco di divertimento alla serata.

Ma questa volta anche il cin cin sarà a tema, e … super speciale!!!

Per l’occasione, ho pensato a un menu che soddisfi tutti i palati, con piatti leggeri,  gustosi e in linea con il clima più caldo di questi giorni. Insomma, una delle mie solite cene!

Curiosi?! Seguitemi nelle storie dei social (ma anche qui nel blog) perché questa volta ho deciso di raccontarvi qualcosina in più … 

E … per cercare di rendervi partecipi … oggi voglio “svelarvi” uno dei tanti piatti “colorati” che andrà a riempire la tavola e la serata: “Burratina, peperoni, pane croccante e polvere di peperone dolce di Altino”! 


Ingredienti (per due persone):

  • Un peperone giallo e uno rosso (di quelli carnosi)
  • Olio evo q.b.
  • 2 spicchi di aglio schiacciato
  • Sale
  • Pepe
  • Peperone dolce di Altino in polvere
  • 1 burratina di bufala
  • Due/tre fette di pane tostato
  • Basilico fresco (per la decorazione)

Procedimento:

Tagliare i peperoni a quadrotti dopo averli lavato e privati dei semi. In una padella ampia aggiungere olio evo e due spicchi di aglio schiacciato. Lasciare un minuto sul fuoco e aggiungere i peperoni, mescolare e coperchiare. A metà cottura aggiungere sale e pepe. Una volta cotti trasferire in un piatto da portata, mettere al centro la burratina (qui di bufala), pane croccante a pezzetti, basilico fresco, polvere di peperone dolce di Altino e servire!

TUFFIAMOCI NEI NOSTRI MARI E CONOSCIAMO LA SEPPIA

A parlarne con me Nicola Ferri, veterinario, esperto in Acquacoltura

La SEPPIA è sicuramente uno dei molluschi più diffusi nei nostri mari; nonostante la sua grossa testa, il corpo con due strane pinne nastriformi e gli occhi molto sviluppati, dal punto di vista gastronomico risulta molto apprezzata.

La sua carne, per di più squisita, contiene poche calorie, così da renderla ideale per la preparazione di piatti semplici, a basso contenuto di colesterolo, ma, nello stesso tempo, altamente energetici.

Che tipo di animale è la seppia?

La seppia è un mollusco della Classe dei Cefalopodi il cui nome si traduce letteralmente in “piedi sulla testa”.  I cefalopodi, che presentano un numero di tentacoli pari a otto, vengono classificati all’interno dell’ordine degli Octopoda. Nel caso, invece, fossimo davanti ad animali caratterizzati da un numero di tentacoli pari a 10, parleremo di ordine dei Decapoda. 

Quali sono i cefalopodi abitualmente presenti nei nostri mari?

Il polpo e il moscardino rappresentano le uniche specie di Octopoda presenti nei nostri mari.

Per quanto riguarda gli animali della classe Decapoda ,invece, nel Mar Mediterraneo possiamo trovare il Totano, il Calamaro e la Seppia.

Quali sono le specie di seppia più frequenti nei nostri mari?

La seppia viene classificata all’interno della famiglia dei Seppidi. Tra gli esemplari di questa famiglia, soltanto la specie Sepia Officinalis (Seppia mediterranea) è abitualmente pescata nel Mar Mediterraneo.

Come distinguere una seppia fresca da una scongelata?

L’elemento da considerare è la consistenza del nero. In una seppia “fresca”, il nero si presenta fluido e omogeneo. In un prodotto scongelato, il nero assume un aspetto “grumoso”, granulare e disomogeneo.

Come si valuta lo stato di freschezza di una seppia?

Per giudicare lo stato di conservazione di una seppia, è fondamentale considerare lo stato dell’occhio che, nel soggetto appena pescato, si presenta lucido, limpido e trasparente.

Inoltre, il prodotto fresco si presenta sempre “sporco” di nero, con la superfice dorsale scura e la parte ventrale bianca, lucida e tendente al perlato.

Quali sono le sue proprietà nutritive?

Il prodotto è ricco di proteine ad alto valore biologico, e povero in grassi (colesterolo) e di zuccheri. Pertanto, può essere inserito tra le pietanze c.d. ipocaloriche, perché caratterizzato anche da un buon potere saziante; può essere utilizzato in diete finalizzate al controllo di dislipidemie e disturbi del metabolismo degli zuccheri.

Di contro, è un alimento ricco di purine, sostanze che il nostro organismo trasforma in acido urico. Questa particolarità potrebbe rappresentare una fonte di rischio per soggetti affetti o predisposti alla gotta e all’accumulo di acido urico nel sangue.

Le seppie contengono una importante quantità di tessuto connettivo; questo tessuto, che aumenta con l’età e quindi con la taglia dell’animale, risulta poco digeribile quanto il tessuto muscolare. Per questo motivo, a chi soffre di disturbi digestivi, è consigliato il consumo di seppie di dimensioni medio-piccole, di congelarle prima della cottura e di limitarne la quantità, soprattutto in occasione del pasto serale.


Seppie in umido con peperoni (di @carlalacontessina_)

Ingredienti per 4 persone:

  • 1 Kg di seppie di medie dimensioni già pulite
  • 2 spicchi di aglio
  • 3 peperoni rossi
  • 1 cucchiaino di paprika dolce
  • Sale qb
  • Peperoncino rosso in polvere qb
  • Prezzemolo fresco

Procedimento:

Tagliare la seppia a listarelle e farla rosolare in una casseruola con coperchio con olio extravergine di oliva, l’aglio schiacciato e il peperoncino per circa 15 minuti. Salare. Mescolare ogni 3/4 minuti e verificare che vi sia sufficiente liquido di cottura.

Tagliare i peperoni rossi a listarelle, ripulendoli dai semi e dai filetti interni. Unirli alla seppia e continuare a cuocere insieme fino a quando sia la seppia che i peperoni non diventino teneri (circa 30 minuti). Aggiungere un pò di acqua nel caso la preparazione dovesse asciugarsi troppo. Aggiungere la parika dolce durante la cottura e mescolare bene. Servire la seppia in umido con i peperoni accompagnata eventualmente da crostini di pane dorato con aglio e olio in padella. Prima di servire cospargere di prezzemolo fresco.

Un mese “pieno” e colorato questo di Giugno 2024 sul mensile NOVELLA CUCINA.

Piovono PACCHERI e POLPETTE … e tante sfiziose ricettine tutte da provare.

Ma lo sapete che i paccheri vengono chiamati anche “schiaffoni”? E che il loro nome sembra che provenga dal rumore che questo formato di pasta – intriso di sugo al pomodoro oppure di sugo alla Genovese – fa cadendo nel piatto o rimescolato, pieno di salsa, nella zuppiera?

A Napoli non è raro sentirsi dire “mo’ ti dò un pacchero”, quando scherzosamente si minaccia una manata al malcapitato di turno!!

E poi ci sono “I Miei Paccheretti Originale 1915” di Pasta Latini (https://www.pastalatini.com/) un’azienda marchigiana in provincia di Ancona, che, nel 1992 ha avuto l’intuizione di riscoprire e rilanciare un grano che era quasi scomparso, quello del “Senatore Cappelli” in purezza: un frumento duro e aristato, con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, scomparso per decenni, e da cui si ottiene una pasta dal colore ambrato (simile a quello della spiga), gradevolissima al palato e molto facile da digerire.

Vi lascio con qualche foto e con un pò di curiosità … Se volete in edicola, o presto qui nel blog, potrete trovare altre storie, altre ricette e altre piccole curiosità!

Alici o Acciughe?

Un pesce povero, dai costi contenuti, ricco di proprietà nutritive, facile da reperire nei banchi del pesce, presente nelle ricette della tradizione di tante regioni italiane e semplice da preparare, anche per quelli che non hanno una grande dimestichezza ai fornelli.

A svelarci qualche segreto in più sulle alici è il dott. Nicola Ferri, esperto Veterinario, con alle spalle una lunga esperienza sull’argomento, protagonista – con le alici – di un mio articolo pubblicato sul mensile Novella Cucina del dicembre 2022.

L’acciuga, conosciuta anche con il nome di alice, è un pesce osseo diffuso in tutto il Mediterraneo, nell’Atlantico Orientale, nel Baltico, nel Mar Nero e nel Mar d’Azov.

Preferisce vivere in mare aperto, in branchi molto numerosi e a profondità variabili, e si avvicina alle coste solo nel periodo della riproduzione. 

Nonostante siano presenti tutto l’anno sui banchi dei mercati ittici, le acciughe, come tutti i pesci, hanno una stagionalità ben precisa: i mesi migliori per la cattura vanno da aprile a novembre, ovvero quando, per riprodursi, si avvicinano alle coste a profondità minori.

Per qualche deliziosa ricettina e per saperne di più … leggete qui sotto!


Nicola Ferri, Esperto Veterinario
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Una giornata dell’anno dedicata interamenteall’amore, all’amicizia e a tutti gli innamorati.

Una celebrazione che trae le sue origini da molto lontano: numerose sono le ipotesi che si snodano e si raccontano tra leggenda e mistero: qualcuno afferma, addirittura, che la festa sia stata istituita ai tempi di Romolo e Remo per l’allattamento da parte di una lupa; altri, invece, la fanno risalire all’antica tradizione romana dei Lupercalia, le feste paganeche si svolgevano durante il mese di febbraio, per onorare il dio Fauno (Luperco), protettore del bestiame e della fertilità. 

Ma con l’avvento della religione cristiana, i Lupercalia furono reinterpretati e sostituiti da Papa Gelasio I con la Festa del 14 febbraio, dedicata a San Valentino, il Vescovo Martire che, narra la leggenda, fu il primo a celebrare l’unione tra un legionario romano e una donna cristiana.

In tutto il mondo, in Italia, in Europa, in Giappone, nel Regno Unito, in America, … San Valentino è ormai diventata una festa molto popolare, anche se ogni Paese conserva le proprie tradizioni e, a volte, lo celebra in una data differente.

E così, spinta dalla mia innata curiosità, ho fatto una breve ricerca sul web e ho scoperto che … mi piacerebbe trascorrere la festa di San Valentino in Catalogna, ma nella giornata del 23 aprile!

Perchè?!?! Leggete qui e lasciatevi trasporatare dal romanticismo anche a tavola …

San Valentino 💌 la festa di chi è innamorato … di tutto … anche della vita, del cibo e … dei RISOTTI !!

Voglio continuare così … con il suggerirvi un’altra idea di risotto, per stupire … ricordandovi che sul nuovo numero di Novella Cucina ci sono ben quattro miei risotti cucinati con la frutta 🍈 🍊, la storia di una meravigliosa realtà La Strada del Riso dei Tre Fiumi e il racconto di Cristiana Sartori (DiCristiana – Riso Bio), Presidente di questo progetto ambizioso e appassionata della sua terra … e del suo riso 🌾 

Qui un risotto speciale … con Cavolo Capuccio Viola, noci e crescenza … un sapore delicatissimo e un colore meraviglioso … 

Ma lo sapete che ?!?!? 

Cristiana Sartori, agronoma, titolare dell’Azienda Agricola DICRISTIANA e Presidente della Strada del Riso dei Tre Fiumi (Ticino, Sesìa e Po), mi ribadisce che “si tratta di un’iniziativa pensata e creata da e per gli amanti del riso, a cui stanno aderendo 23 Comuni e 46 realtà associative e consortili, con l’obiettivo di valorizzare e far crescere il territorio attraverso la creazione di una carta dei risi le cui varietà differiscono a seconda della zona di coltivazione e delle differenti tipologie di suolo”.

Non si butta nulla!

Anzi … si cerca di riutilizzare al meglio quello che avanza, a volte con risultati inaspettati!! Piovono polpette … da me!

Il ripieno: vi ricordate i Balanzoni Bolognesi?! Quei tortelloni verdi ripieni di #ricotta e #mortadella ?! Beh, con l’aggiunta di qualche spezia e un altro pochino di ricotta, una panatura top tutta croccante, ho ottenuto queste piccole polpette cotte in forno e saporitissime!


Ingredienti:

  • Ricotta vaccina 230 gr
  • mortadella 170 gr
  • formaggio grattugiato 100 gr
  • spinaci freschi 130 gr
  • noce moscata q.b.
  • sale q.b.
  • pepe q.b.
  • 1 uovo intero
  • 1 cucchiaio di pangrattato
  • Panatura di mais speziata
  • olio EVO qb

Procedimento:

In un recipiente capiente amalgamare la ricotta con l’uovo, la maortadella tritata in mixer, gli spinacoi sbollentati per un minuto in acqua calda salata, strizzati e raffreddati, il formaggio e tutti gli altri ingredienti (ad eccezione del Pangrattato speziato).

Formare delle piccole biglie schiacciate, avvolgerle nella panaura e disporle su una teglia rivestita di carta da forno, aggiungendo un filo di olio EVO.

Mettere in forno a 180 gradi per 10/15 minuti. Servire calde.

Non chiamatelo “tortellino” …

Diciamo pure che si tratta di un tortellino, ma un pò diverso dal solito e un pò lontano dalla tradizione bolognese. Nella forma lo ricorda molto, ma non nella sostanza. Potrebbe piacere a chi, come me, osa un pochino in cucina, a chi, come me, non si vuole annoiare e cerca di mescolare sapori, profumi e sensazioni.

Qui il re del piatto non è il tortellino, ma il caffè, aggiunto sia nell’impasto della sfoglia e sia nel ripieno.

E poi c’è lo zafferano, quello di Daniela, che rilascia un profumo unico!

La ricetta? scorrete qui … e non vi pentirete :))


Ingredienti:

  • 200 gr di farina di semola
  • 2 uova intere piccole
  • 1 cuchiaino d’olio EVO
  • 1 cucchiaino di polvere di caffè

Per il ripieno:

  • 200 gr di ricotta vaccina compatta
  • erba cipollina
  • 1 cucchiaino di polvere di caffè
  • 2 cucchiai di parmigiano grattugiato
  • prezzemolo
  • pepe
  • sale

Per la salsa:

  • Qualche pistillo di zafferano
  • 200 gr di Besciamella
  • sale
  • pepe
  • 50 ml di brodo caldo di verdure
  • Parmigiano grattugiato qb
  • polvere di caffè qb

Procedimento:

Mescolare le uova, con il caffè, la farina e l’olio, formando un panetto piuttosto morbido e farlo riposare per una mezz’ora.

In una ciotola, mescolare gli ingredienti per il ripieno. creare delle sfoglie di pasta sottili (n. 5) e ricavare dei quadrati di due cm per lato; al centro posizionare un pò dell’impasto e chiudere a tortellino. Poggiare su un vassoio con un pò di farina. Proseguire con gli altri. Bollire l’acqua con un pò di sale in una pentola capiente per cuocere i tortellini (dovranno cuocere circa 5/6 minuti). A parte, in un pentolino, versare la besciamella, lo zaffereno sciolto nel brodo (qualche pistillo tenerlo da parte) e un pò di parmigiano, Aggiungere il brodo (se necessario), il pepe e un pizzico di sale. Condire i tortellini dopo averli scolati bene e aggiungere un pò di polvere di caffè. Servire.