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Una varietà di ingredienti differenti, una lavorazione complessa e accurata per un piatto tra i più famosi e caratteristici della cucina teramana.

Le virtù teramane … raccontiamo un pò di storia

Inutile dire che ogni famiglia conserva la propria ricetta, il proprio tocco personale … come, naturalmente accade anche a casa mia. 

Il linguista italiano Giuseppe Savini, che è stato il primo a studiare in modo sistematico il dialetto teramano, riporta le origini incontestabili del piatto ai Romani, per i quali, il termine  “virtù”, indicava anche l’insieme di vari tipi di legumi raccolti i primi giorni del mese di maggio.

Piatto “ufficialmente adottato come proprio dal popolo teramano”, preparazione inizialmente cucinata dall’intera comunità per i più bisognosi. In realtà, questa usanza sembra esserci ancora oggi. Le virtù sono cucinate sempre in grande abbondanza, così da essere offerte e regalate a parenti, amici e conoscenti.Sicuramente è un piatto da condividere in famiglia, di certo contribuisce con il proprio profumo fresco e, per certi versi, suadente a creare un’atmosfera primaverile e conviviale. 

Comunque le Virtù teramane, come già detto, rappresentano un “piatto svuota dispensa”, in cui le donne contadine, al termine dell’inverno anche per celebrare la primavera, riversavano tutti i prodotti avanzati nelle credenze, madie e cassetti della cucina ma anche delle cantine. Prelevavano, facendo spazio per i nuovi alimenti, gli “avanzi” di pasta e di legumi, aggiungendo verdure ed essenze di stagione, colte nei propri orti.

Inutile dire che, oggi, ogni famiglia conserva gelosamente la propria ricetta con le proporzioni dei componenti ritenute più equilibrate. Ognuno pensa di avere dei segreti magari tramandati da una nonna o semplicemente acquisiti da pareri o disquisizioni sull’argomento. Anch’io… ho i miei!!!. Ho avuto modo, durante questi anni, di assaggiare tante versioni delle Virtù ma, credetemi, non ho mai trovato quelle che somigliassero alle mie virtù di famiglia. Sono convinta che ognuno di noi, attraverso questo piatto della tradizione, conserva e rivive i sapori e i ricordi dell’infanzia, della tradizione domestica, della naturalezza degli affetti.

La preparazione è piuttosto lunga e laboriosa, dovendo cucinare legumi e verdure separatamente per poi assemblarli con sapienza. Bisogna fare attenzione a inserire ogni componente in un ordine ben preciso, aggiungendo pasta di diversi formati e colori. E poi, ci sono le “essenze” che personalmente ordino per tipo come “mazzetti di fiori”, sarà perché sono romantica. Verranno, in seguito, cotte con un piedino stagionato di prosciutto, olio EVO e burro. Borragine, aneto, maggiorana, salvia, pipirella, sedano e prezzemolo. Non mancano le pallottine di carne fritte e, infine, i carciofi pastellati utilizzati per guarnire ogni porzione. 

Mi accorgo di aver già svelato alcuni segreti anche se quello più importante è lo stato d’animo con cui si esegue la ricetta… è l’incanto che fa la differenza!!!

Il risultato!? Un’armonia di sapori e profumi irresistibile!!

Ingredienti:

Ceci, borlotti, fagioli di Spagna, cannellini, fagioli rossi, lenticchie, piselli freschi, fagiolini verdi, taccole, fave fresche, zucchine, cicerchia, borraggine, bietole, agretti, cicoria, rucola, patatine fritte, ortica, asparagi, spinaci, asparagina, cipollotto fresco, sedano, carote, finocchi, carciofi, aglio fresco, aneto, erba cipollina, timo, salvia, maggiorana, pallottine di carne, pancetta, lardo, prosciutto crudo, cotenna, pasta fresca tricolore all’uovo, olio evo, vino bianco, sale, burro, noce moscata, pepe bianco. 

Girello di vitello (per preparare la genovese, il cui sughetto è versato dentro al pentolone di verdure e legumi per dare sapore). Carne mista per brodo (manzo, pollo e gallina).

Procedimento:

Pulire le verdure, tagliarle e lavarle in molta acqua; bollirle separatamente. Alcune verdure e alcuni legumi (ad esempio le zucchine, le carote, i carciofi, le fave e i piselli ) nella mia famiglia vengono cotti trifolati in padella con cipolla e olio evo). Cuocere i legumi, precedentemente lasciati in ammollo almeno per 12 ore, separatamente in acqua fredda. 

Preparare il brodo di carne che servirà per “allungare” le virtù e insaporirle.

In una casseruola capiente rosolare il sedano, le carote, il cipollotto e l’aglio fresco tritati in abbondante olio EVO: aggiungere il girello di vitello e lasciarle cuocere sfumando con vino bianco e acqua. 

In una pentolona alta fare un soffritto di sedano, carote, cipollotto e aglio fresco tritati in abbondante olio EVO, unendo le verdure scottate e i legumi cotti con la loro acqua di cottura, lasciando insaporire per circa 30 minuti. Aggiungere il brodo di carne mista. 

A parte preparare l’intingolo con le erbe aromatiche, le spezie e il sale assieme al burro, olio, prosciutto crudo. Friggere le patatine a dadini e metterle da parte. Lo stesso per i carciofi pastellati. 

Cuocere a parte la pasta tricolore che, poi, verrà aggiunta alla minestra in cottura. 

Versare l’intingolo, il sughetto della genovese e le patatine fritte. Mescolare bene. 

Decorare ogni singolo piatto con carciofi pastellati. 

P.S. A casa mia, dopo le Virtù, si era soliti mangiare la carne a genovese con un contorno di piselli trifolati. 

Erbe aromatiche per le Virtù
Pasta colorata

Vi capita mai di svegliarvi la mattina già stanchi e di non avere voglia di alzarvi dal letto!? Forse il tempo o forse la situazione balorda degli ultimi mesi o forse la Primavera (che stenta ad arrivare)!

Io cerco sempre di trovare una soluzione: puntare un obiettivo, ma che sia facilmente raggiungibile e che sia dolce (ne vado pazza)!!

Vi propongo un tortino al riso rosso (polverizzato), con l’aggiunta di succo d’arancia 🍊 e di crema dolce al pistacchio. Beh … con una mezz’oretta a me è tornata la carica!!! 😍

Una tappa in Abruzzo, con la Rivista Novella Cucina del Mese di Aprile 2021, per riscoprire la tradizione contadina e festeggiare la Pasqua in famiglia.

Tanti ricordi dell’infanzia che si intrecciano tra loro, i racconti di famiglia, usanze e riti che resteranno sempre nel cuore e che cercherò con tutte le mie forze di tenere stretti riproponendoli alle persone più care quando se ne presenterà l’occasione.

Avete voglia di viaggiare un pò con me e con la mia tradizione?

La Pupa è uno dei dolci pasquali abruzzesi, assieme alla pizza di Pasqua (che qualcuno chiama anche spianata). A base di biscotto e decorata con tantissima fantasia, serve a rallegrare le tavole imbandite per questa occasione speciale. 

Ma cosa simboleggia? 

Pare sia sinonimo di fertilità e rinascita portate dalla primavera. Ha origini pagane e la tradizione “vuole che sia preparata durante la settimana Santa per poi essere consumata la mattina di Pasqua” durante il noto “sdjuno”!

L’ho preparata con la pasta frolla aromatizzata all’arancia, l’ho colorata con i colori per alimenti e … con tanta fantasia… 

Eccola qui e l’ho chiamata “La Contessina” … perchè ogni Pupa ha un suo nome.

Un intreccio romantico di zuccherini, rose, canditi, cuori e stelle! 

San Valentino ❤️

Ho voluto essere un po’ originale e unire la mia passione per la cucina a quella per il disegno a mano libera!

Se solo avessi più tempo a disposizione …. 

E così, per festeggiare la Festa di San Valentino (e poi mia figlia si chiama Valentina) ho preparato questa speciale “Crema al cioccolato bianco e pistacchio” con una confezione speciale, ideata e disegnata da me!!!  

Qualche curiosità

Una delle prime volte che mi è capitato di scambiare due chiacchiere con un Molisano sulla mia passione per la cucina, mi è stato confermato che l’Abruzzo e il Molise hanno tanto in comune sulla gastronomia e sulle tradizioni culinarie.  La scorsa estate ho scoperto per caso dei dolci tipici del luogo visitando Montenero di Bisaccia: sono chiamati “CELLINI” o “CELLI CHIENI” e sono ripieni di una farcia a base di mosto cotto. 

In Abruzzo, invece, esistono “Li cillitt’” (gli uccelletti), farciti di marmellata d’uva, arricchita con cioccolato, mandorle e cannella (così, nella tradizione della mia famiglia): però, sono di dimensione più piccoli rispetto ai “cellini” molisani.

li cillitt’ di Sant’Antonio

Dedicati a Sant’Antonio Abate (protettore degli animali e festeggiato il 17 gennaio), li cillitt’, nel Teramano (ma ormai diffusi in tutto l’Abruzzo), costituiscono il simbolo della dedizione e del rispetto dell’uomo verso il Santo, e sono accompagnati da una serie di riti propiziatori (la benedizione degli animali, per preservarli da maltrattamenti e malanni) e l’accensione dei focaracci (il fuoco). Come è facilmente intuibile, vengono chiamati così per la loro forma, che riproduce quella di un delicato uccellino.

Nella mia città, a Teramo, ogni anno, il 17 gennaio, su iniziativa dell’Associazione Culturale Teramo Nostra, dopo la celebrazione della Santa messa nella Chiesa di Sant’Antonio di Padova, viene organizzata la tradizionale benedizione degli animali, davanti a Porta Melatina.

Ogni famiglia, come mi trovo a ripetere più volte dinanzi a ricette che appartengono alla tradizione, conserva la sua, personale, con aggiunte, trucchi e segreti; anche le forme degli uccelletti sono diverse tra loro: basta scorrere in questi giorni le pagine dei più noti social…

Anche io ho approfittato della ricorrenza e, lasciandomi trasportare dalla tradizione del territorio per celebrarla degnamente, facendola così diventare un’occasione speciale, mi sono cimentata nella preparazione de li cillitt’ (anche se qualcuno mi ha detto che sembrano piuttosto dei piccioni)…

“Una ciambella tutta rosa
Chi mi conosce un po’ sa quanto sono romantica e quanto sia amante del colore rosa e sa anche che mi piace riempire la mia casa di fiori e colori.
Beh … oggi voglio tingere la mia giornata di rosa e questa torta/ciambella fa proprio al caso mio … non lo credete anche voi?!
La Ciambella alla Barbabietola, una torta soffice soffice, bella da vedere e … sono certa che anche a voi piacerà da morire …
Io l’ho realizzata con il mio BimbyTM6, ma è sufficiente un minipiner e una planetaria per frullare bene gli ingredienti. La base? Barbabietola rossa già lessata e cacao amaro!!!

Io credo nel rosa.
Io credo nel baciare, baciare un sacco.
Io credo che ridere sia il modo migliore per bruciare calorie.
Io credo nell’essere forti quando tutto sembra andare male.
Io credo che le ragazze felici siano le più carine,
Io credo che domani sarà un altro giorno,
Ed io credo nei miracoli.
(Audrey Hepburn)

Ci prepariamo per affrontare un we a casa … 

Io cerco sempre di sdrammatizzare, così ho deciso di colorare il mio fine settimana di GIALLO! Un dolce light, cremoso, con zafferano, caramello integrale al pompelmo e tanti frutti di bosco!

Ma sapete cosa rappresenta il colore  “giallo”?

Simboleggia la luce e la creatività, la voglia di agire, di trasformare in materia un pensiero